Teatro Dubrovka

LE QUATTRO GIORNATE DI MOSCA



Descrizione cronologica dei vari momenti dell’attacco terroristico:

Data: 23 ottobre, 2002, Mercoledì.
Luogo: Russia, Mosca, Teatro Dubrovka.



Intorno alle ore 21:00 un gruppo armato di persone, circa 40 e in prevalenza donne, prende possesso del Teatro Dubrovka a Mosca, durante la rappresentazione del musical “Nord-Ost” che dal 19 ottobre 2001 giorno della sua prima messa in scena contava già oltre 400 riproposizioni.
A questo evento erano presenti, secondo le fonti più accreditate, circa 900 spettatori; di questi circa un centinaio erano bambini.

Mentre i principali collaboratori di Putin, tramite un comunicato stampa, fanno sapere che il presidente è stato immediatamente informato di quanto stesse succedendo al Teatro Dubrovka, i vari organi delle forze dell’ordine cominciano a mobilitarsi: truppe delle forze speciali OMON e unità speciali per le situazioni d’emergenza (SOBR) circondano il teatro. Nel panico e nella confusione generali, alcune persone che si trovavano dietro le quinte riescono a fuggire e ad allontanarsi dal teatro.

Durante questo primo giorno d’assedio del Dubrovka, i terroristi rilasciarono 15 bambini, ma si registrò anche il primo decesso: una donna, di cui in seguito si disse che fosse in stato d'ebrezza, riuscì ad entrare assolutamente indisturbata all’interno della struttura, e scambiata dai sequestratori per un agente della FSB, venne uccisa.




Data: 24 ottobre, 2002, giovedì.
Luogo: Russia, Mosca, Teatro Dubrovka. 



Le trattative tra organi governativi e terroristi si intensificano. I sequestratori richiedono la presenza della croce rossa e di medici senza frontiere per avviare le negoziazioni alle quali  presero parte numerose figure di rilievo della politica. Tra di essi, oltre a diversi deputati e leader di fazioni politiche, troviamo il nome di Mikhail Gorbaciov  intenzionato ad impegnarsi come intermediario nella negoziazione con i terroristi.

Contrariamente a quanto affermato in principio dai media russi la presa del teatro da parte dei separatisti non era mirata a compiere un’esecuzione di massa in nome di una vendetta del popolo ceceno o a ottenere un ingente riscatto in cambio della vita di 900 ostaggi; esso rappresentava sì un gesto estremo, ma dettato dalla disperazione e dal desiderio di vedere i confini della propria nazione liberati dall’oppressione dell’esercito russo. Le voci dei testimoni avvalorano questa tesi; secondo gli ex ostaggi la principale richiesta dei terroristi, rivolta direttamente al presidente Putin, era quella di impegnarsi ufficialmente a ritirare le proprie truppe dall’intero territorio ceceno.
Nel corso di questa seconda giornata d’assedio il rapporto dell’ FSB riporta che  il numero degli ostaggi liberati è di 39 persone.
L’unica vittima di cui ufficialmente è riportata notizia fu Kostantin Vasilyev Colonnello dell’ FSB, il quale venne ucciso mentre cercava di introdursi all’interno dell’edificio.





Data: 25 ottobre 2002, venerdì.
Luogo: Russia, Mosca, Teatro Dubrovka.



La stazione per l’assistenza medica istallata all’esterno del teatro viene autorizzata a prestare i primi soccorsi agli ostaggi.
Alcuni dottori entrano nell’edificio portando con loro non soltanto medicinali, ma anche beni di prima necessità (acqua soprattutto).
Mentre le autorità russe facevano pressioni affinché non fossero fatte distinzioni tra ostaggi russi e stranieri  (verso questi ultimi i terroristi mostravano maggiore propensione al rilascio), un ristretto gruppo di persone, che dal momento dell’assedio era rimasto nascosto,  trovò il modo di scappare e mettersi in salvo.
Alcune ore dopo 8 bambini  vennero liberati dai sequestratori spontaneamente senza condizione alcuna.
Inoltre nella stessa giornata lasciarono l’edificio 4 ostaggi di nazionalità azerbajana; anch’essi rilasciati senza alcuna condizione.


La fine di questa terza giornata di assedio vede salire il numero delle vittime:

- Gennady Vlakh, padre di uno degli ostaggi, tentò di introdursi all’interno del teatro, ma venne raggiunto da un colpo d’arma da fuoco, sparato dai terroristi,  che lo uccise sul colpo.
Mentre tra i feriti troviamo:
- Tamara Starkova  e  Pavel Zakharov : entrambi feriti in una circostanza singolare.

Intorno alle 23 uno degli ostaggi armatosi di coraggio e di una bottiglia, corse verso una delle terroriste in un attacco disperato; la reazione del resto dei sequestratori fu immediata: nel tentativo di anticiparlo gli spararono, ma mancarono il bersaglio e alcuni proiettili vaganti ferirono i due ostaggi.
I vertici governativi intanto studiavano la propria strategia per liberare i sequestrati, in un susseguirsi di dichiarazioni e relative smentite. Il Presidente Russo Putin, in seguito ad un incontro con il Direttore dell’ FSB Nikolay Patrushev, annunciò che la priorità del governo consisteva nella liberazione di tutti gli ostaggi e che la vita dei terroristi sarebbe stata garantita ad esclusiva condizione del rilascio  di tutte le persone che si trovavano sotto sequestro nel teatro.

All’esterno della struttura schiere di manifestanti facevano sentire il loro sostegno con un appello rivolto direttamente al Presidente Russo:



“Caro Sig. Presidente,
chi vi scrive a voi sono i figli, genitori e gli amici degli ostaggi trattenuti all’interno della sala del teatro! Ci appelliamo alla vostra ragionevolezza e senso di pietà! Siamo consapevoli…che l’edificio sia pieno di esplosivo, e che ogni atto di forza è volto al disinnesco di questi ordigni. Ma siamo sicuri che non esistano negoziazioni che non possano concludersi senza concessioni, se questo serve a salvare la vita di 700 persone!
Noi la imploriamo di impedire la morte dei nostri congiunti. Continui con le negoziazioni! Con i compromessi! Se dovessero perire i nostri cari non saremmo più capaci di  riporre fiducia nel nostro Stato e nel potere esecutivo!
La preghiamo, non ci faccia diventare orfani!”

Questa lettera venne sottoscritta da 250 persone.



Inoltre durante la giornata, le negoziazioni con i sequestratori registrarono numerosi interventi di figure carismatiche, sia dell’ambiente politico sia del campo giornalistico, vedi Anna Politkovskaja e Mark Franchetti.



Data: 26 ottobre 2002, Sabato.
Luogo: Russia, Mosca, Teatro Dubrovka.



È il giorno di quella che potremmo definire, senza esagerazione, la soluzione finale.
Tutto avviene nelle prime ore del mattino.


Intorno alle ore 2:00 del mattino due ostaggi, un uomo e una donna, feriti rispettivamente alla testa e all’addome, vengono fatti uscire dal edificio dove li attendono due ambulanze per il soccorso intensivo. Vertono in condizioni gravissime ma si salveranno.




Alcune ore dopo, approssimativamente alle ore 5:30, due ostaggi riescono a mettersi in contatto con “echo di Mosca”, una delle principali stazioni radio moscovite, affermando che i corpi di polizia hanno avviato la propria operazione di forza: attraverso i condotti d’aria stava venendo pompato uno strano gas.


In quel momento la Russia e il mondo intero diventarono spettatori di un insano atto criminale travestito da missione di soccorso.





L’uso del gas nell’operazione antiterrorismo di Dubrovka viola le normative previste dalla “Convenzione sulle Armi Chimiche” (CAC), un trattato internazionale di cui la Russia era già uno Stato membro, che impone il disarmo di armi chimiche, e ne proibisce lo sviluppo o anche semplicemente la detenzione.

                                

La convenzione tollera esclusivamente solo in eccezionali circostanze l’utilizzo di armi chimiche, cioè quando esse: vengano usate non ai fini proibiti dalla presente Convenzione, e che le quantità siano adeguate allo scopo (art. II, punto 9).

                                  

Tale disposizione è stata evidentemente violata nell’operazione speciale condotta dal governo russo, considerato che in quanto né il tipo né la quantità di agente chimico utilizzato ha contribuito a raggiungere lo scopo prefissato:  neutralizzare i terroristi e salvare gli ostaggi.

Ancora oggi la reale natura dell’agente chimico impiegato nell’operazione speciale rimane ignoto, come del resto l’esistenza di un ipotetico antidoto.

E' il dolore di chi ha perso i propri cari per mano di un governo autoritario, incapace di ammettere le proprie responsabilità, e che ha agitato mirando l'obiettivo principale di eliminare i terroristi tralasciando quella che doveva essere la reale priorità: limitare al minimo il numero delle vittime.



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